#Recitationes: Walt Whitman
Da Il canto di me stesso
I
Io celebro me stesso, e canto me stesso,
e ciò che io presumo, tu lo presumerai,
perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a te.
Io sto in ozio e invito la mia anima,
io mi chino e ozio a mio agio osservando una spinosa erba estiva.
La mia lingua, ogni atomo del mio sangue, formato da questo suolo, da questa aria,
nato qui da genitori nati qui come i padri dei loro padri, anche loro di qui,
io, ora a trentasette anni perfettamente sano comincio,
e spero di non cessare sino alla morte.
Credi e scuole lasciati in sospeso,
mi ritiro, ne ho abbastanza di quello che sono, ma non li dimentico,
e accolgo il bene e il male, lascio che parli seguendo il caso,
la natura senza impedimenti con originaria energia.
[…]
*
Da Canto il corpo elettrico
I
Canto il corpo elettrico,
le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio,
non mi lasceranno sinché non andrò con loro, non risponderò loro,
e li purificherò, li caricherò in pieno con il carico dell’anima.
È mai stato chiesto se quelli che corrompono i propri corpi nascondono se stessi?
E se quanti contaminano i viventi sono malvagi come quelli che contaminano i morti?
E se il corpo non agisce pienamente come fa l’anima?
E se il corpo non fosse l’anima, l’anima cosa sarebbe?
II
L’amore del corpo di un uomo o di una donna è al di là di ogni descrizione, il corpo stesso ne è al di là,
quello del maschio è perfetto, perfetto quello della femmina.
L’espressione del volto è al di là di ogni descrizione,
ma l’espressione di un uomo ben fatto non appare soltanto nel suo volto,
è anche nelle membra delle giunture, stranamente è nei suoi fianchi, nei suoi polsi,
nel suo passo, nel modo di portare il collo, nel flettere la vita e le ginocchia, i vestiti non lo nascondono,
la forte buona qualità che possiede erompe da sotto il cotone e il panno nero
vederlo passare trasmette quanto la migliore poesia, forse anche di più,
ti soffermi a guardare la sua schiena, la sua nuca, le spalle.
[…]
*
Da Quando i lillà fiorirono l’ultima volta davanti alla porta del cortile
I
Quando i lillà fiorirono l’ultima volta davanti alla porta del cortile,
e la grande stella presto discese nel cielo di ponente nella notte,
io piansi, e piangerò ogni ritorno della primavera.
Primavera che sempre ritorni, tu mi porti una trinità,
i lillà che fioriscono perenni e la stella che scende a ponente
e il pensiero di lui che io amo.
II
Oh di ponente forte tramontata stella!
Oh ombre della notte ‒ Oh triste notte di lacrime!
Oh grande stella scomparsa ‒ Oh nera densa tenebra che nascondi la stella!
Oh mani crudeli che mi trattenete impotente ‒ Oh mia indifesa anima!
Oh dura nuvola che mi circondi e non vuoi liberare la mia anima.
III
Nel cortile di fronte alla fattoria antica vicino alla palizzata dipinta di bianco
sta il cespuglio di lillà che cresce alto con foglie a forma di cuore di un ricco verde
con molti fiori puntuti che si alzano delicati, con il forte profumo che amo,
con ogni foglia che è un miracolo ‒ e da questo cespuglio nel cortile,
con fiori dai colori delicati e foglie a forma di cuore di un ricco verde
stacco un rametto fiorito.
[…]
Poesie tratte da Foglie d’erba, scelta, traduzione e introduzione di Giuseppe Conte, Oscar Mondadori, 2016