L’albero di stanze
“È il grande romanzo di
Giuseppe Lupo”
Marsilio Editore
È rimasto uno straccio a penzolare al filo di ferro dove mia madre appendeva i panni lavati. Nessuno se n’è accorto in questi anni. Dondola nel fumo dei camini che si accendono in inverno o con le rondini che in primavera accarezzano i tetti. Dondola anche ora, nonostante la pioggia. Forse qualcuno l’avrà lasciato in una delle rare occasioni in cui la casa è stata aperta, ma potrebbe anche risalire a quando ce ne siamo andati. Una dimenticanza, un errore di mia madre: prendi tutto, prendi tutto, poi alla fine scordi sempre qualcosa.
Da allora non torno mai volentieri nel luogo dove sono nato: è come strappare un foglio di carta e cercare un rattoppo. Le stanze odorano di prigione, voci e rumori hanno smesso di arrivare alle tende dei balconi e fra i muri è rimasto intrappolato il tempo che spinge, spinge, urta contro le pareti e le porte, batte alle finestre per lo sforzo di uscire a tutti i costi fuori, nel grande pianoforte di tegole.Oggi arrivano i mastri a smontare i mobili e occorre che qualcuno sorvegli. La casa abbiamo deciso di venderla. Bisogna svuotarla e consegnarla nelle mani del nuovo proprietario, ma dobbiamo fare presto perché ho lasciato moglie e figlie a Parigi: pochi giorni e torno da voi, ho detto, non voglio perdermi l’alba del millennio all’ombra della Tour Eiffel.
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